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reato consumato
Il reato consumato detto anche reato perfetto, è quello che viene pianificato dall agente e commesso dallo stesso, come nel caso dell omicidio che si concretizza con la morte del soggetto passivo.
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C è da dire, tuttavia, che l art. 56 c.p. che integra il -Delitto tentato- ha presunto accanto al delitto consumato, anche una specifica circostanza in cui la condotta delittuosa, anche se un particolare caso in cui il comportamento delittuoso, anche se validamente adottata dall agente non determina l effetto sperato.
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Ci troviamo di fronte alla particolare tipologia di delitto tentato che viene ad esplicitarsi sia nell ipotesi in cui la condotta delittuosa dell agente non si è realizzata (tentativo incompiuto) sia nell ipotesi in cui la condotta delittuosa dell agente si è concretizzata ma non ha dato gli effetti sperati (tentativo compiuto).
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Nella prima circostanza troviamo la circostanza del ladro che preso alla sprovvista scappa senza condurre con sé la refurtiva, mentre nella seconda circostanza troviamo un soggetto che spara contro un altra persona per ucciderla, laddove la persona coinvolta viene colpita dal proiettile ma non viene uccisa.
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È evidente che la distinzione tra compiuto e incompiuto si fonda su una valutazione di principio ex post. A questo punto bisogna riferirsi al primo comma dell art. 56 c.p. che stabilisce: -il soggetto che compie atti idonee, diretti in modo non ambiguo alla commissione di un crimine, è tenuto a rispondere di tentato delitto, se l azione non viene commessa o l evento non si verifica-.
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Al tentato delitto si associa una punizione inferiore rispetto a quella prevista per il delitto perfetto, ossia quello consumato, e ciò perché, da un punto di vista concreto, si ci si viene a trovare dinanzi ad un reato perfetto.
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Gli elementi fondamentali del tentato delitto sono: propensione e univocità degli atti commessi dal soggetto agente. L azione che viene commessa dal soggetto agente deve essere idonea a commettere il reato auspicato dallo stesso, ed è un accertamento che deve compiersi in maniera concreta tenendo conto del cosiddetto criterio della prognosi postuma.
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È il nostro ordinamento giuridico a punire il tentato delitto in quanto prevede di ostacolare i rischi che comprometterebbero gli interessi degli individuo che vengono salvaguardati a livello giuridico.
Nel terzo e quarto comma dell art. 54 c.p. vengono disciplinate le circostanze della rinuncia intenzionale e della cessazione attiva. Nel terzo comma viene addirittura stabilito che -se il colpevole, intenzionalmente, rinuncia alla commissione di un azione, viene sottoposto soltanto alla punizione per gli atti compiuti, nell ipotesi in cui siffatti costituiscano per se stessi un reato diverso-, mentre nel quarto comma viene stabilito che -se il soggetto, intenzionalmente, non consente la realizzazione dell evento, viene sottoposto alla punizione prevista per il tentato delitto, diminuita di un terzo-.
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Le due forme di reato vengono distinte in base ad un criterio ex post che considera o meno l azione esecutiva commessa dal soggetto agente.
Secondo questo principio normativo, si ha la cessazione nell ipotesi in cui il soggetto agente non ha commesso l azione delittuoso che di conseguenza deriva dallo stesso sospeso intenzionalmente.